Mario è un infermiere di 64 anni, ha alle spalle una lunga esperienza lavorativa, eppure vede la pensione ancora lontana. Arrivato a questo punto della sua vita lui vorrebbe smettere di lavorare e dedicarsi a se, alla moglie, avere tempo a disposizione. Si chiede dunque quando riuscirà ad andare in pensione e quanto potrà percepire.

Ebbene negli ultimi tempi si parla molto di piano pensionistico ed età pensionabile. Quest’ultima in particolare non fa che aumentare, e la domanda che sorge spontanea è se c’è un modo per uscire dal mondo del lavoro prima dello standard stabilito per legge.

Le riforme del piano pensionistico

La riforma del piano pensionistico è uno dei pilastri della legge di bilancio presentata da Matteo Renzi alla Camera il 15 Ottobre 2016. Questa prevede l’introduzione dell’APE, acronimo che sta per “anticipo pensionistico”, che entrerà in vigore solo a partire dal primo Maggio dell’anno prossimo, e che si articola in tre varianti. Innanzitutto l’APE consentirà ai lavoratori autonomi e dipendenti di andare in pensione all’età di 63 anni, quindi fino a 3 anni e 7 mesi prima dell’età pensionabile con la quale si accede alla pensione ordinaria di vecchiaia.

Questo anticipo è considerato un prestito bancario che bisogna restituire in 20 anni, quindi vuol dire che la pensione in questo arco di tempo non è totale, lo diventa una volta restituito l’anticipo pensionistico. Questo taglio della pensione varia a seconda dell’importo dell’APE e degli anni di anticipo, ammontando a circa il 4,3% per anno di anticipo.

L’APE

L’APE, come anticipato, si sviluppa in tre modalità: l’APE Sociale, l’APE Volontaria e l’APE Aziendale. Con la prima, sempre a partire dal 2017, alcune categorie di lavoratori potranno accedere all’anticipo sulla pensione senza che questi abbiano spese e costi a loro carico. Nella fattispecie questi sono i lavoratori con ammortizzatori sociali esauriti con almeno 30 anni di contributi maturati, i lavoratori disabili con almeno 35 anni di contributi, i lavoratori che svolgono lavori usuranti. Con la seconda il lavoratore decide in autonomia di andare in pensione fino a 3 anni e 7 mesi prima, con 20 anni di contributi maturati. Con la terza invece è l’azienda che vuole la pensione per il lavoratore, accollandosi il costo dell’operazione in base ad accordi sindacali.

Inoltre questa nuova legge di bilancio agevola l’ingresso alla pensione anticipata per quei lavoratori precoci che hanno maturato almeno 12 mesi di contribuzione prima del diciannovesimo anno, e che hanno accumulato 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica, e per coloro che hanno svolto mansioni usuranti, quindi faticosi o per coloro che svolgono lavori in fascia oraria notturna almeno 78 giorni all’anno. Per queste categorie di lavoratori sono previste riduzioni di 12 o 18 mesi rispetto ai requisiti minimi della legge Fornero a patto che abbiano svolto lavori usuranti per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di attività.

Altra considerazione da fare è sulla quattordicesima che prima era concessa a quei lavoratori di età pari o superiore a 64 anni che abbiano un reddito inferiore a 9.786,86 euro. Con la nuova legge di bilancio l’importo della quattordicesima aumenta del 30% ed è destinata anche ai lavoratori con un reddito personale pari a circa 13mila euro.

Infine con la nuova legge si prevede un ampliamento della “no tax area”, ovvero quella soglia sotto la quale non si pagano le tasse. Infatti al momento sono esentati i pensionati al di sotto dei 75 anni e con un limite di reddito di 7.750 euro e quelli con un reddito di 8mila. Con le riforme questa soglia aumenta a 8.124 euro e viene portata allo stesso livello dei lavoratori dipendenti.

A fronte di quanto detto fino ad ora, al posto del signor Mario, voi vi sentireste tranquilli o no rispetto alle riforme apportate da questa nuova legge?

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