Due visioni in contrasto generano il conflitto

Ho imparato che poche cose nella vita hanno lo stesso potere di coinvolgerci emotivamente quanto il conflitto. Il conflitto nasce quando due visioni, la nostra e quella di un’altra persona, entrano in contrasto tra loro, attorno ad un obiettivo comune. Lo scontro psicologico che ne deriva, generalmente ci fa stare male, provocando in noi emozioni di rabbia, paura, sofferenza e disagio.

Il conflitto, se non affrontato costruttivamente, conduce all’errore di rimanere arroccati sulla sua superficie, dove ognuno dei confliggenti si convince della giustezza della sua posizione, dando vita ad un gioco di accuse, difese, attacchi e contrattacchi, che non fanno altro che alimentare il conflitto stesso e intrappolarci nella sua rete.

Nessuno ci ha mai insegnato a riconoscere quando sta per nascere un conflitto e come comportarci quando ne siamo coinvolti.

Esiste però un’interessante possibilità, insita nel conflitto: quella di utilizzarlo come strumento di conoscenza, innanzitutto di sé stessi.

La visione d’insieme come strumento per superare il nostro punto di vista

Uno spunto per la gestione costruttiva dei conflitti è quello di andare oltre il nostro punto di vista e assumere una visione d’insieme. Questo significa che se vogliamo veramente comprendere che cosa succede nella nostra relazione, quando questa è conflittuale, dobbiamo come prima cosa accettare che quello che vediamo non è la verità assoluta ma è solo il nostro punto di vista.

Significa fare uso del cosiddetto “sguardo bifocale”. Occorre sempre ricordare, usando una metafora, che ognuno di noi indossa degli “occhiali” attraverso i quali guarda il mondo e, a seconda delle lenti, vede cose diverse. In altre parole, ciascuno si guarda attorno dalla propria limitata visuale e occorre non confondere ciò che vediamo come se fosse verità.

Nel conflitto ognuno è portatore non di verità, ma di punti di vista. È molto importante comprendere che cambiare il proprio punto di vista non significa rinunciarvi, ma semplicemente spostare l’angolo di osservazione, permettendo così di vedere cose diverse. Occorre allargare la propria visione per permettere anche a quella dell’altro di poter essere accolta.

In altre parole, significa muoversi da una situazione egoica, dove io considero con fermezza la mia posizione, ad una situazione di apertura. Questo percorso può essere rappresentato da due termini per me significativi, che userò come acronimi per mostrare come essi fondamentalmente operino: Ego e Oge.

EGO e OGE: due facce della stessa medaglia

EGO

Esclude l’altro
Giudica
Occupa spazio solo per sé

L’Ego è un termine psicanalitico per definire l’Io. Esso agisce in questo modo: pone al centro dell’attenzione e dell’azione soltanto sé stesso, lasciando tutti gli altri sullo sfondo. L’Ego necessita di continua attenzione e considerazione e, così facendo, occupa spazio solo per sé. In questo modo perde di vista l’altro, tendendo ad escluderlo e a giudicarlo.

Tuttavia, la gestione costruttiva dei conflitti e la negoziazione presuppongono che esista una variabile fondamentale: l’attenzione per l’altro. L’Ego è presente in ognuno di noi e non è possibile in alcun modo eliminarlo, ma può essere trasformato in qualcosa di diverso: l’Oge. Se, infatti, capovolgiamo la parola “Ego” esso diventa, appunto, “Oge”, acronimo che può essere così riassunto:

OGE

Osserva
Giustifica
Espande il proprio punto di vista

Un Ego capovolto non occupa spazio solo per sé, ma, semplicemente osserva le proprie azioni e le reazioni dell’altra persona a tali azioni, senza giudicarle in alcun modo. In un certo senso, questo tipo di approccio giustifica come paure gli atteggiamenti di attacco e di difesa che si instaurano in una situazione conflittuale. Inoltre, l’Oge espande la visione dell’individuo, fa spazio dentro di sé per accogliere il punto di vista dell’altro.

Accogliere altri punti di vista ascoltando

Un mezzo efficace per accogliere gli altri in sé stessi è l’ascolto. Ascoltare è un’arte, una dote preziosa che presuppone la capacità di mettere noi stessi sullo sfondo e di rivolgere la nostra attenzione verso la persona con la quale si è in relazione. Questo comporta diminuire il proprio Ego e mettere in primo piano l’altro.

Per assumere questo nuovo punto di vista bisogna imparare e vedere l’altro soggetto con il quale siamo in conflitto come una persona che, esattamente come noi, vede la realtà attraverso i suoi “occhiali” e ha la stessa visione parziale che abbiamo noi.

Per risolvere efficacemente il conflitto, ciò che siamo chiamati a fare è un capovolgimento della descrizione della realtà: non si possono modificare le nostre relazioni chiedendo a colui con il quale siamo in conflitto di cambiare, il cambiamento lo dobbiamo attuare noi stessi per primi.

L’obiettivo che ne scaturisce è quello di raggiungere un accordo tra le parti, che determini una reciproca soddisfazione e ci permetta di vivere più serenamente insieme ad altri.

La cosa interessante che spesso si scopre attuando questo cambio di atteggiamento è che anche l’altro si troverà ad assumere un atteggiamento diverso nei nostri confronti, per la semplice ragione che noi abbiamo imparato a non aderire più automaticamente alla “danza” del conflitto che ci viene proposta e ad utilizzare altre soluzioni. Il conflitto è, infatti, come una danza. Se qualcuno ci invita a ballare una danza sfrenata, non dobbiamo necessariamente accettare, ma possiamo semplicemente cambiare noi lo stile, invitandolo a ballare un lento.

 

Per saperne di più, ti consiglio: Tiziana Fragomeni, 2014, “Conflitti. Istruzioni per l’uso. Come riconoscerli, come imparare a liberarsi dalla loro trappola, come farli diventare uno strumento di apprendimento”, Anima Edizioni.

Un articolo a cura di Francesca Bianchessi

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