La tecnologia dietro ai bitcoin è una rivoluzione che cambierà il nostro futuro. Ecco cosa c’è da sapere.

Tutti, o quasi, abbiamo sentito parlare di bitcoin.  Meno conosciuta, invece, è la tecnologia che sta dietro il suo funzionamento, ovvero la blockchain. La sua caratteristica principale è riuscire a far funzionare un sistema di transazioni senza bisogno di un’autorità centrale. Una rivoluzione, di fatto, destinata ad avere un grande impatto sul futuro dell’economia mondiale, simile a quello che ebbe internet tra la fine degli anni 90 e l’inizio del 2000.

Di cosa si tratta?

La blockchain è un protocollo peer-to-peer creato nel 2008 da Satoshi Nakamoto. Non si tratta di uno scienziato giapponese, ma di uno pseudonimo dietro al quale si nascondono diversi informatici che hanno creato il bitcoin basandosi su questa tecnologia. L’obiettivo era quello di creare una versione completamente paritaria di denaro elettronico, permettendo transazioni da un’entità a un’altra senza passare da un’istituzione finanziaria. Insomma, senza l’intermediazione di una banca. Escludere le banche è un obiettivo riuscito solo in parte a Nakamoto (o a chi per lui): oggi, infatti, tutti i grandi istituti sono interessati a sviluppare questa tecnologia, anche in reti chiuse. Basti pensare che Barclays, Credit Suisse, Canadian Imperial Bank of Commerce, HSBC, MUFG e State Street hanno unito le forze per lavorare a un progetto della banca svizzera UBS per creare nuova forma di denaro digitale, su tecnologia blockchain, che verrà testata da altre 22 banche, comprese Intesa Sanpaolo e UniCredit.

Blocchi, catene e nodi

Blockchain prende il suo nome dall’unione di due parole: “block”, ovvero i blocchi di transazioni, e “chain”, la catena che li lega l’uno con l’altro. In italiano, infatti, la traduzione è “catena di blocchi”. Ma in che modo è possibile fare a meno delle banche quando ci si scambia denaro in rete? Una qualsiasi transazione, infatti, nel mondo reale e sul web, necessita di “una terza persona di fiducia” a garanzia dello scambio: la blockchain nasce per eliminare l’intermediario, permettendo di effettuare operazione criptate completamente anonime e archiviando tutte le transazioni in un “enorme libro mastro” distribuito in rete. Ciò significa che i dati di una transazione non sono memorizzati in un solo pc, ma su più macchine collegate tra loro: si tratta dei “nodi”, tutti i computer fisici partecipanti alla blockchain. La conferma da parte della rete è un meccanismo di garanzia: serve a evitare che un utente venda o spenda monete che non ha o che le spenda due volte. Per avere l’approvazione della transazione avvenuta all’interno della “catena”, è sufficiente avere l’ok del 50%+1 dei nodi.

Garanzia e sicurezza

Dopo che una transazione è avvenuta, lo storico e tutte le informazioni ad essa collegate vengono salvate e conservate su ogni singolo blocco della catena. La abbiamo definita un “enorme libro mastro” non a caso: si va a creare, infatti, un database distribuito, decentralizzato e accessibile a tutti, dove la stessa informazione è presente su tutti i blocchi e diventa immutabile. È possibile modificarlo, ma l’eventuale modifica viene registrata, mantenendo lo storico di tutti i movimenti. Spiegata in questo modo, la blockchain non sembra altro che un database più evoluto e al passo coi tempi, ma non è così. Un tempo, infatti, questo strumento era cartaceo e gestito da un’autorità centrale. Con il passare del tempo è diventato digitale, ma comunque gestito da un ente superiore. Con la blockchain, i registri contabili diventano digitali e, soprattutto, decentralizzati, immutabili, accessibili a tutti e verificabili. Ma quello che è davvero rivoluzionario riguarda le sue applicazioni, pressoché infinite, e soprattutto il suo presupposto, la fiducia. La fiducia si basa sul fatto che tutti, alla stessa maniera, possono controllare ogni informazione senza limiti di tempo: non esiste l’eventualità che le informazioni siano corrotte o rubate, quindi la blockchain rappresenta un’assoluta garanzia. Una transazione, normalmente, è registrata una sola volta, in un solo server centrale, controllata da una sola autorità; con la blockchain, invece, la stessa transazione è registrata da almeno la metà più 1 dei partecipanti alla rete, quindi è controllata dagli utenti, che diventano “custodi” del database alla pari. In questo modo, è impossibile falsificarla.

 

A cosa può servire?

Come abbiamo già detto, la blockchain è stata implementata prima di tutto come modalità per creare il bitcoin senza che vi sia la necessità dell’esistenza di una “banca centrale”. Nelle criptovalute, infatti, è la blockchain che valida l’emissione e lo scambio di moneta. Per il momento, quindi, è questa la funzione principale delle blockchain. Sicuramente, quindi, l’ambito finanziario è in generale quello più attivo, ma questo non vuol dire che la tecnologia possa essere applicata ad altri settori che, a oggi, necessita di un supervisore esterno. Ad esempio, i passaggi di proprietà sono uno dei primi casi allo studio per la sua implementazione: la transazione di un immobile viene convalidata da un notaio, ovvero un soggetto terzo. Passando da un campo di attività a un altro, quindi, si può notare come la tecnologia in questione possa essere utilizzata, teoricamente, ovunque. Infatti basta che vi sia un passaggio di informazioni crittografato fra un emettitore ed un ricevente perché vi sia per forza la necessità che qualcuno dall’esterno verifichi l’autenticità dei due soggetti. E ognuno di questi passaggi, quindi, può essere sostituito con una catena blockchain. Estrapolata dal suo contesto, quindi, la blockchain può essere utilizzata in tutti gli ambiti in cui è necessaria una relazione tra più persone o gruppi. Abbiamo visto come possa garantire il corretto scambio di titoli e azioni o sostituire un atto notarile. Ma potrebbe ridisegnare, anche, in futuro, il concetto di seggio elettorale garantendo la bontà del voto, proprio perché ogni transazione viene sorvegliata da una rete di nodi che ne garantiscono la correttezza e ne possono mantenere l’anonimato.

Tempi d’impatto

Per capire quanto tempo ci vorrà perché la blockchain “stravolga” le nostre vite, è necessario fare un distinguo. Singole aziende, che possono agire senza dover modificare l’impianto legislativo e normativo, hanno già tratto benefici da questa tecnologia. D’altronde, per iniziare è sufficiente definire una rete completa di tutti i soggetti coinvolti e stabilirne la governance. L’Università di Pisa, ad esempio, traccia attraverso la blockchain la carriera universitaria degli studenti, che avranno quindi un curriculum sicuro e non potranno millantare lauree o master mai effettuati. Il discorso cambia se ci vogliono grossi accordi all’interno dell’ecosistema di riferimento o a livello legislativo. Nel caso delle banche, ad esempio, i tempi sono brevi se il singolo istituto può agire senza aspettare la BCE o la Banca d’Italia, viceversa si parla di anni. La portata di questo fenomeno e la sua effettiva applicazione, quindi, non può ancora essere calcolata.

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