E’ trascorso ormai un mese dal referendum inglese; il risultato determinerà l’uscita dell’Inghilterra dalla Unione Europea (EU). Possiamo oggi trarre un primo bilancio che riassumiamo nei seguenti punti:

  • un risultato politico storico inatteso;
  • un impatto economico non ancora determinabile nella sua intensità;
  • un impatto sui mercati finanziari che, a distanza di un mese, possiamo definire nullo a parte il mercato valutario.

Non vogliamo entrare nel merito politico della scelta del popolo inglese: constatiamo semplicemente che essa rappresenta un passo indietro nel processo d’integrazione europea avviato nell’immediato dopo guerra.
Possiamo invece compiere alcune riflessioni in merito ai due punti successivi.
Dal punto di vista macroeconomico concordiamo con la maggior parte degli analisti che stimano:

  • un impatto negativo in primis sull’economia britannica,
  • a seguire sull’Europa (anche se in misura decisamente inferiore, circa del -0,3% di PIL) e, in un contesto ormai globalizzato, sul ciclo economico globale.

Il minimo comune denominatore ad oggi di tali stime è dato dall’impossibilità di quantificare tale impatto. Un dato: Il Fondo Monetario Internazionale ha indicato un range negativo tra il -1,5% e il – 6% di PIL nei prossimi 2/3 anni per l’economia inglese. È prevista perciò una recessione tecnica dell’economia inglese che partirà da un rallentamento degli investimenti con effetti sull’occupazione per trasmettersi poi sui consumi.

Dal punto di vista dell’impatto sui mercati finanziari, l’effetto “dirompente” dei primi due giorni post risultato è stato praticamente riassorbito. La tabella 1 mostra l’andamento dei principali indici dal 29 aprile (ultimo dato che vi avevamo mostrato nella nota di maggio) al 27 giugno (a due giorni lavorativi post referendum). A parte il mercato italiano (che ha visto nuovi minimi dell’anno intorno ad area 15 mila punti), le principali borse europee hanno ritoccato i valori di febbraio (quasi tutta la performance negativa del periodo è stata registrata nei giorni del 24 e 27 giugno).

Tabella 1 - brexit

La tabella 2 mostra invece le performance dal 27 giugno al 19 luglio: tutte le borse hanno recuperato quasi interamente i valori pre- referendum, la borsa americana ha visto nuovi massimi assoluti. La volatilità è salita e scesa per l’area usa ed europa rispettivamente del 50% e del 40%. In sintesi: la Brexit non ha prodotto al momento alcun effetto negativo di rilievo sulle borse. Ciò non significa che non potrà produrle. Siamo dell’opinione però che, dopo i primi due giorni di panico derivante dall’esito inaspettato del voto, il mercato sia tornato a riflettere sui fondamentali delle economie mondiali e, non potendo al momento quantificare con precisione gli effetti economici della Brexit, ha preferito ritornare sui suoi passi.

Tabella 2 - brexit

La tabella 3 riporta le performance da inizio anno al 19 luglio. Da notare: performance positive del mercato usa, inglese e dei paesi emergenti.

Tabella 3 - Brexit

In definitiva pensiamo che la Brexit sarà un elemento di “disturbo” di più lungo periodo in quanto tempi, modalità di uscita dell’Inghilterra dalla UE e ripercussioni effettive sulle economia mondiali sono ancora tutte conseguenze da definire.

L’unico elemento certo sarà, come spesso abbiamo sottolineato, la permanenza di un contesto di alta volatilità.

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