La Brexit, cioè l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, avrà pesanti conseguenze non solo per il paese di sua maestà. Ecco quale scenario si potrebbe prospettare per imprese, servizi e cittadini italiani

Sarà una primavera caldissima per la Gran Bretagna (e non solo per lei) in vista del 29 marzo, data in cui dovrebbe scattare la Brexit, vale a dire l’uscita del paese dall’Unione europea. Il condizionale è d’obbligo perché nei prossimi giorni, a sole due settimane dal giorno X, partirà una girandola di incontri a Londra per evitare il peggio, ossia un’uscita senza accordo (la cosiddetta no-deal Brexit), che comporterebbe pesanti conseguenze per il paese di sua maestà e ripercussioni in tutta Europa, compresa l’Italia.

Brexit, una “mission impossible”?

Per capire la situazione attuale, è necessario fare un passo indietro e tornare a quel 23 giugno 2016, quando i cittadini del Regno Unito furono chiamati a votare per decidere se rimanere o meno all’interno del blocco europeo. Ebbene, l’esito di quel referendum fu appunto a favore di un’uscita dall’Unione Europea, che venne fissata per il 29 marzo del 2019. Parecchio tempo dopo, ma comunque non sufficiente, a quanto pare, a mettere d’accordo Londra e Bruxelles sulle modalità di exit e sulle future relazioni. E così, a poche settimane dalla fatidica data, è scattata la corsa per scongiurare lo scenario peggiore, vale a dire un’uscita senza accordo. Tra le opzioni sul tavolo anche il rinvio del divorzio, fino a 21 mesi, ossia fino a gennaio 2021.

Qualunque sia la data effettiva di uscita, la Brexit rappresenta un evento unico (finora nessuno stato membro è mai uscito dalla Ue) che avrà ripercussioni sulla crescita, sulle relazioni commerciali, industriali, politiche e sulle scelte di investimento del 2019. Quali, purtroppo, non se ne può avere certezza al momento perché molto dipenderà dalle decisioni che le autorità inglesi ed europee prenderanno nelle prossime settimane e nei mesi a venire. Ma una cosa è certa: le conseguenze riguarderanno non solo la Gran Bretagna, ma anche gli altri paesi europei, tra cui l’Italia.

Duro colpo per l’export tricolore

Innanzitutto, il legame commerciale che unisce Italia e Gran Bretagna potrebbe risentirne. I prodotti Made in Italy che vanno verso Londra rappresentano circa il 5% dell’export italiano nel mondo (dati Istat). Una percentuale che a prima vista può apparire contenuta, ma se tradotta in cifre corrisponde a oltre 23 miliardi di euro all’anno. Soprattutto per alcuni settori: quello di macchinari e apparecchiature, auto, prodotti alimentari e abbigliamento, che insieme coprono circa il 40% delle esportazioni Oltremanica. Secondo lo studio elaborato da Duff & Phelps, gli effetti su questi settori sarebbero dunque decisamente più rilevanti che in altri, tanto più se la Brexit avvenisse senza un accordo finale. In questo caso, infatti, i rapporti commerciali sarebbero regolati dalle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), che comporterebbero l’applicazione di dazi doganali. Si stima che questi dazi possano essere in media del 5%, ma potrebbero addirittura raggiungere il 13% per i prodotti alimentari.

Ma non solo. Scatteranno anche le barriere cosiddette non tariffarie, come i ritardi doganali e altri ostacoli burocratici, che potrebbero rendere ancora più difficili gli scambi. Dunque, considerando anche questi fattori, l’ammontare dell’export dell’Italia verso il Regno Unito nel medio termine potrebbe ridursi nello scenario peggiore addirittura della metà. In altre parole, si tratterebbe di un calo degli scambi fino a 11 miliardi di euro all’anno.

 

Agroalimentare, il settore più a rischio

Il settore agroalimentare potrebbe essere tra i più penalizzati nel caso di no-deal Brexit.  Dal vino, ai pomodori pelati, fino alla pasta e all’olio d’oliva, il mancato accordo rischierebbe di affossare 3,4 miliardi di export agroalimentare italiano in Gran Bretagna per effetto dei dazi e dei ritardi doganali, secondo i calcoli di Coldiretti. Con quasi una bottiglia esportata su due consumata dagli inglesi, sarebbe il Prosecco Dop il prodotto del Made in Italy a essere il più colpito.

Banche e assicurazioni, cosa cambia?

C’è poi tutto il discorso dei servizi, in primis quello di banche e assicurazioni. In caso di Brexit senza accordo le succursali di banche e assicurazioni inglesi presenti in Italia non potranno più svolgere la propria attività senza prima avere costituito una sede stabile e avere ottenuto una apposita autorizzazione. Per evitare disagi e danni ai milioni di clienti e consumatori italiani, il governo ha preannunciato che intende disciplinare con apposita regolamentazione il periodo transitorio durante il quale le imprese inglesi potranno continuare ad operare, sia pure in modo differenziato, sul mercato italiano, così da mantenere validi i contratti. Contemporaneamente la Banca d’Italia e l’Ivass hanno chiesto alle succursali di banche e assicurazioni inglesi di adempiere ad alcuni obblighi:

-inviare una dettagliata informativa ai propri clienti in Italia sugli impatti della Brexit. In particolare, sui contratti, anche in caso di un’eventuale cessazione dell’attività o di eventuali riorganizzazioni interne;
-fornire al cliente i contatti per ottenere chiarimenti o assistenza;
-pubblicare un’informativa sul proprio sito internet, almeno in lingua italiana e inglese.

Italiani in Gran Bretagna, istruzioni per l’uso

La Brexit potrebbe rendere più complicato in futuro anche un semplice viaggio in Gran Bretagna, ma non nell’immediato. A questo riguardo, l’Ambasciata italiana a Londra ha attivato un apposito servizio, in cui vengono illustrate le procedure necessarie per i cittadini residenti nell’isola e le ultime novità in fatto di spostamenti.

Allo stato attuale, gli italiani che vivono nel Regno Unito continueranno a essere in grado di lavorare, studiare e accedere ai benefici e ai servizi anche dopo la Brexit. Dopo il 31 dicembre 2020 però sarà necessario munirsi del Settled Status, un sistema di registrazione per garantire la permanenza e i diritti (di lavorare, di accedere al sistema sanitario nazionale, ecc.) dei cittadini comunitari nel Regno Unito e dei loro familiari.

Per chi invece andrà in Gran Bretagna per viaggio, l’Ambasciata fa sapere che si potrà entrare nel Regno Unito anche solo con la carta d’identità e, per periodi di soggiorno inferiori ai tre mesi, non saranno richieste formalità. Queste condizioni però potrebbero non essere garantite dopo l’1 gennaio 2021, con l’entrata in vigore di nuove norme nazionali di immigrazione.

Ma il viaggio verso la Brexit è ancora lungo e chissà quali cambiamenti comporterà per imprese e persone.

Potrebbero interessarti anche: